Di monumenti, intesi letteralmente come testimonianze, ricordi, Vigone ne conta molti di più di quanti si è soliti enumerarne; bisogna scostarsi però dall'ottica un po' limitativa di chi considera monumenti solo gli edifici di ingente valore storico o le opere generalmente di maggiore rilevanza artistica.
Spostarsi dal consueto punto di osservazione non significa trascurare il significato di queste testimonianze, ma inserirle in una visione più ampia del cammino percorso da una comunità nei suoi vari aspetti dell'esistenza per giungere fino ai giorni nostri, seppure consapevoli dell'esiguità di questo spazio a nostra disposizione.
Il sorgere o il tramontare di chiese e conventi, il loro variegato disporsi sul territorio lungo le vie di accesso della città o nelle nuove zone di espansione diventano allora preziose testimonianze della sensibilità e delle convinzioni religiose di una comunità come quella vigonese che ha sempre segnato e sottolineato lo spostamento del suo nucleo originario o i suoi successivi ampliamenti con l'erezione di chiese o cappelle che, fungendo da polo di attrazione, hanno influito sulle scelte collettive.
Così la chiesa di S. Maria "de hortis" o "extra muros", le cui origini sono antecedenti all'anno mille, indica la presenza del primo insediamento vigonese conosciuto; mentre attorno al luogo prescelto dai Benedettini nel duecento per edificare il loro convento e la chiesa di S. Maria del Borgo crescerà poi progressivamente un nuovo gruppo di abitazioni che daranno origine all'attuale Vigone, anche se l'abbandono definitivo della vecchia chiesa da parte del Pievano si avrà solo verso la metà del quattrocento, quando verrà eretta la nuova chiesa parrocchiale di S. Caterina.
In pratica a partire da quel momento la vita religiosa e per molti versi anche quella civile, ad essa strettamente connessa, ruoterà attorno a queste due istituzioni, anche se successivamente verranno eretti altri conventi e chiese.
I Benedettini nel duecento, come detto, gli Agostiniani ed i Francescani nel quattrocento ed i Cappuccini nel seicento, fonderanno loro conventi in Vigone, ma dapprima le vicende interne di alcuni ordini e successivamente le decisioni napoleoniche porteranno alla loro totale soppressione.
Rimarranno invece molte chiese sorte nel frattempo ed altre: quelle seicentesche del Gesù e di S. Bernardino; quelle di S. Antonio, S. Defendente, S. Bernardo e S. Nicolao (queste ultime in stato di abbandono) e quelle frazionali di Zucchea, Trepellice, Quintanello e Sornarsca, oltre a quella vicariale intitolata alla Immacolata Concezione: il loro numero elevato è indubbiamente il segno tangibile di una fede incrollabile, supportata dall' esigenza di un richiamo visivo, più che dalla necessità di contenere in nuovi spazi una popolazione numericamente stabile come quella vigonese; l'apertura di nuovi cantieri in spazi anche vicini vuol essere lo specchio fedele della vitalità e del dirompente slancio religioso della comunità.
Slancio che supera ogni misura nell'ottocento, quando si decide di sostituire la vecchia chiesa di S. Maria del Borgo con una nuova costruzione dalle dimensioni e dai volumi spropositati rispetto alla realtà vigonese ed alle sue caratteristiche architettoniche. Così, mentre nei secoli precedenti le dimensioni contenute ed una certa sobrietà di fondo avevano consentito una perfetta integrazione delle chiese nel tessuto urbano, nell'ottocento, forse per un eccesso di zelo o di ambizione da parte dei fautori dell'opera, si è pressoché dimenticato il contesto urbano precedente e lo si è addirittura alterato.
a cura di Cristina Cappelletti