Vigone: un millennio di storia
L'origine vera di Vigone si perde nella notte dei tempi, la sua etimologia può fornire preziose indicazioni in merito: pare infatti che Vigone derivi dalle forma latine Castrum Guidonis o Vicus Guidonis, successivamente mutate in Vigudono, Vigdono fino ad evolversi in Vigono. Il Guido, da cui il nome, potrebbe essere un signore Franco o Longobardo, anteriore al secolo 10°; alcuni lo identificherebbero con un tal Guido Marchese di Ivrea, figlio di Berengario II.
Vigone è quindi nome di origine barbarica; purtroppo non è possibile spingerci oltre nelle ricerche in quanto prima dell'anno Mille non esistevano carte sicure ed autentiche ad eccezione dei Diplomi Ottoniani e delle carte del professor Cipolla. Altri autori sostengono invece che il popolo di Vigone discenderebbe dagli antichi bellicosi Vagienni, che abitavano alla sinistra del fiume Po, e Vigone sarebbe dunque una colonia della Augusta Vagiennorum, oggi Bene Vagienna. Dalle cronache di Gustavo Strafforello leggiamo per la prima volta che Vigone fu soggetto ai Marchesi di Torino, detti pure di Susa.
L'imperatore Corrado lo concesse nel 1026 a Bosone e Guidone, figli di Ardoino, Marchese di Ivrea. Però, tre anni più tardi, il Marchese Olderico Manfredo, 1029, signore legittimo, lo cedette a S. Giusto di Susa. Nel 1212 passò al Conte Tommaso di Savoia al quale subentrarono i Principi di Acaia nel secolo 14°. Nel 1412 Vigone ritornò al Ramo principale Sabaudo. Nel 1522 fu addirittura scelto come luogo di riunione dei tre Stati Generali. Come descrive il Mattalia , il paese subì successivamente molti danni da parte dei Francesi e a causa della pestilenze. Il 4 ottobre 1592, il francese Lesdiguières, alla testa di un esercito di Ugonotti, riuscì a penetrare oltre le Mura di Vigone, erette nel 1390 a difesa del paese, distruggendovi anche le sue torri.
Grazie al tradimento di un vigonese, fu perpetrata una vera e propria strage. Il generale incendiò anche la Chiesa di S. Maria, nonostante l'accanita resistenza dell'esercito dei Savoia. Nel corso del diciassettesimo secolo, a causa delle incursioni prevalentemente francesi, l'esistenza nel "feudo" di Vigone si faceva difficile: taglie, gabelle ed oneri vari venivano richiesti pressantemente ai Castellani di Vigone. Si dovette attendere la Rivoluzione in Francia affinché le idee di libertà e le riforme civili si diffondessero anche in Piemonte. Nel frattempo, la terribile pestilenza del 1630 aveva decimato la popolazione un po' in tutti i comuni piemontesi. Con l'avvento al potere di Napoleone, il 28 Aprile 1796, venne stipulato a Cherasco un trattato di pace, tra il Bonaparte stesso e il re Carlo Emanuele 4°.
Mandato quest'ultimo in esilio, il 9 ottobre 1799 Napoleone divenne il solo ed assoluto padrone di Francia, così anche l'Italia e il Piemonte caddero in suo potere. Il Bonaparte passò a Torino nel 1804 e molti nobili insorsero nei paesi limitrofi; gravi disordini si ebbero anche a Vigone, nel 1806. Si era infatti formata una "guardia nazionale" della quale faceva parte anche il prevosto Borgarelli di Vigone, al fine di liberarsi dal giogo straniero ed ottenere la tanto agognata libertà. Nella fuga i francesi commisero prepotenze e soprusi, incendiarono e distrussero anche Pinerolo, senza risparmiare Vigone e il comune di Carmagnola. Sconfitti i Francesi, Vigone si trovò a fronteggiare nel 1835 un terribile morbo: il colera.
Pare che la statua di S. Nicola da Tolentino, portata in processione per le vie del paese, avesse fatto cessare la moria, così come era già accaduto due secoli prima, in occasione della peste del 1630. Dalla metà dell'Ottocento ai primi anni del Novecento la storia di Vigone è scritta dalle nobili famiglie che ancora oggi alcuni abitanti del paese ricordano: i Della Riva, Bessone, i conti Arnaldi di Balme e Albertengo di Monasterolo, i Selve e Asti di S. Martino, accanto a personaggi quali Clemente Corte, il protomedico Fiocchetto, Losana, Possetto, il monsignore Ressia.
A testimonianza della loro grandezza, rimangono l' impegno civile e le numerose donazioni per abbellire le chiese e gli edifici della comunità vigonese.
a cura di Cristina Cappelletti